Lo stesso parrà della vita di San Luca da Demona, dettata da un discepol di lui così semplicemente che i prodigii cadon dassè e spicca l'opera d'un uom di questo mondo, sagace, affaticante, animoso, ambiziosuccio, ma a buon fine. Si dice al solito nato di parenti nobilissimi, Giovanni e Thedibia; entrato nel monastero di San Filippo d'Argira; passato di lì a Reggio, per apprendere da un Elia, venerabile romito, le discipline dei Santi Padri: ch'ei compitava appena l'ofizio, ma la pratica d'Elia e particolare grazia del Cielo, prosegue l'agiografo, gli apriron la mente ad ogni dottrina, fino i misteri delle sottilità filosofiche. Lesse senza nebbia nell'avvenire che s'aspettavan di nuovo i Saraceni, strumento della vendetta celeste su la Calabria; onde uscito di sua spelonca si messe a predicar contro i peccatori; trascorse fino a Noja, dove soggiornò sette anni in una basilica. Rincrescendogli poi l'aura popolare, se ne andò su le sponde dell'Agri, a fabbricare il monastero di San Giuliano; gli raccapezzò qualche poderetto per carità dei fedeli; fece scomparir, non si sa come, un Landolfo possessore vicino, invidioso della prosperità dei frati; e correndo sempre incontro alla fama, ch'ei facea le viste di fuggire, diessi ad esorcizzare demonii, a sovvenire i poverelli, a curare i malati con impiastri e medicine, scrive l'agiografo, per nascondere la virtù del miracolo. Finchè, al tempo di Niceforo imperatore, calato dalle Alpi un feroce che si messe a depredare le città greche d'Italia1007, San Luca e suoi frati, e tra quelli lo scrittore, ripararono ad un castello vicino.
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