Così dobbiamo affigurarci il racquisto della più parte dell'isola, che i Musulmani credean fare di propria virtù, ed era la stoltezza della corte bizantina, la quale gittò in carcere Maniace; era la mente d'Ardoino e la spada delle compagnie italiane e normanne che sbarattavano le schiere greche, come ripassavano il Faro ad una ad una. I legami tra capitale e province spezzati dalla occupazione bizantina; quei degli antichi Musulmani coi nuovi, ossia dei nobili coi popolani, spezzati dalle arti d'Akhal e dal mutare e rimutare i giund per sei anni continui1037, le plebi corse alle armi, fatte conquistatrici ciascuna dassè; i corpi franchi di Berberi; la rabbia di Siciliani ed Affricani ridesta necessariamente quando fu scosso il giogo zîrita; quello scompaginamento sociale; quell'autorità monarchica rimessa su in un tumulto senza forze proprie nè entrate, toglieano ai Kelbiti ogni modo di rassettare la cosa pubblica. La sconfitta di Simsâm, o certo dello esercito sotto le mura di Messina1038, dileguò la speranza se alcuna ne rimanea. L'emiro che i Bizantini dicono ucciso, e per sua sventura nol fu, perdè allora il solo dritto che dà comando nelle rivoluzioni. Che sperar, che temere di lui? Lo stormo delli sbaragliati si sparpagliò per tutta l'isola: ognuno s'acconciò in casa propria o nell'altrui, non essendovi forza maggiore che lo respingesse. Questo significano in loro stile gli annali arabici, dei quali abbiam dato il tenore.
Come in natura ogni più strano disordine è ordinato in sè stesso secondo le eterne leggi della materia, così in quel ribollir di tutte le genti che altre vicende avean cacciato insieme in Sicilia, nacquero varii grumi: e ciascuno fece uno stato; e in ciascuno si scopre l'affinità degli elementi che gli davano principio.
| |
Musulmani Maniace Ardoino Faro Musulmani Akhal Berberi Siciliani Affricani Kelbiti Simsâm Messina Bizantini Sicilia
|