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      Nel che i contadini s'accostano forse al vero, e gli altri no. La coltura dell'ulivo in Sicilia risalisce al quinto secolo innanzi l'era volgare, nè mai si abbandonò, ma decadde al par che tante altre sotto i Romani, nè rifiorì sotto gli Arabi; poichè sappiamo dell'olio che l'Affrica vendeva alla Sicilia nel nono, undecimo e duodecimo secolo1127. Parmi piuttosto che l'isola debba ai Musulmani le melarance e altri agrumi ch'or son capo sì ricco di commercio1128; ed anco la canna da zucchero1129, i datteri1130 e i gelsi, o almeno la seta1131. Al contrario se la vite non si sbarbicò per ogni luogo, se i poeti arabi di Sicilia lodarono il vin del paese con tal fervore anacreontico, i vigneti scemarono contuttociò sotto la dominazione musulmana; e sì lentamente si rifornirono in due secoli, che la Sicilia facea venir vini da Napoli verso la fine del decimoterzo1132.
      Le razze equine di Sicilia, ricordate dagli Arabi nell'undicesimo secolo1133, fornivano, al dir d'un autore cristiano, animosi destrieri, d'egregie forme e vario pelo1134; abbondavano i muli1135 dalla zampa sicura nelle montagne, adoprati alla soma ed al tiro1136; e con quelli, asini1137, buoi, vaste greggi di pecore1138; nè era smessa l'antica educazione delle api. Copiosa la pesca, e nei porti, scrive il monaco Nilo, le ostriche, e le conchiglie che danno la porpora1139. Le foreste e montagne ripiene di cacciagione1140. Nè vi mancan le belve, che giovano a spirare il timor di Dio negli animi semplici, riflette il frate1141, volendo significare al certo i lupi.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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