Ma al conquisto degli Arabi d'oltre Nilo, quando Moezz era costretto a chiudersi in Mehdia (1057) e il poeta ve l'accompagnava1323, la mala fortuna, come pur suole, accese discordia tra i due vecchi amici. Un'armata cristiana, di Pisa forse o di Genova, s'era appressata nottetempo a Mehdia; il principe affaccendato in sul far dell'alba a provvedere al pericolo, leggea gli spacci a lume d'un doppiere, quand'ecco Ibn-Rescīk entrare nella stanza, e porgergli un poema che incominciava: "Fa' cuore; non ti s'offuschino i pensieri nel cimento: chč gią alla tua possanza ognun piega il collo." - "E come far cuore," proruppe Moezz, "quando tu mi vieni tra i piedi ad aiutarmi cosģ? Perchč mo non stai zitto!" E stracciņ il poema, e bruciollo al doppiere. Ibn-Rescīk, voltate incontanente le spalle, s'imbarcņ per la Sicilia1324, dove avea amici; sapendosi di due poeti siciliani che si carteggiavano con esso, e rimanendoci fino i versi ch'ei scrisse all'uno arrivando a Mazara e la risposta per le rime1325. Raccolto a grande onore dai principali della terra, lo rappattumarono con Ibn-Scerf, poeta del Kairewān e della corte di Moezz e perņ suo mortal nemico; il quale, avendo riparato in Sicilia prima di lui, s'era messo subito a lacerarlo1326. L'ospitalitą siciliana non tolse che venuto per cagion di mercatare un legno di Mo'tadhed, principe Abbadida di Siviglia, Ibn-Rescīk si mettesse ai panni al padrone, pregando di menarlo seco a corte; il quale gliene promesse e poi lo piantņ. Rimaso parecchi anni tra sģ e no di far il viaggio di Spagna, venne a morte in Mazara verso il millesettanta1327.
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