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      » Si confronti col lib. III, p. 50, onde si scorge che lo emir di provincia potea, senza permesso del califo, accordare lo stipendio ai figliuoli di militari pervenuti ad etŕ da portar arme.
      70 Mawerdi, op. cit., lib. XII, p. 218, seg.
      71 Akhbâr-Megműa'-fi-iftitâh-el-Andalos, MS. della Biblioteca imperiale di Parigi, Ancien Fonds, 706, fog. 99 recto. In questa importante cronica del X secolo si legge: «Quando recavansi ai califi le entrate (gebâiât) delle cittŕ e province, ciascuna somma era accompagnata da dieci personaggi dei notabili del paese e del giund; nč si incassava nel tesoro (beit-el-mâl) una sola moneta d'oro o argento, se costoro non giurassero prima per quel Dio ch'č unico al mondo, essersi levato il denaro secondo il dritto, ed essere sopravanzo degli stipendii dei soldati e famiglie loro nel paese, ciascun dei quali fosse stato soddisfatto di quanto per diritto gli apparteneva. Or avvenne che si recň al califo il kharâg d'Affrica, la quale di quel tempo non si tenea come provincia di frontiera; e il denaro era veramente avanzo, sendosi pria soddisfatti gli stipendii del giund e le prestazioni dovute all'altra gente. Arrivate con cotesto danaro otto persone in presenza del califo, ch'era di quel tempo Solimano (715-717), furono richiesti di giurare; e in fatto fecero sacramento ec.» Questo fatto dell'VIII secolo risponde perfettamente alla massima di Mawerdi, op. cit., lib. III, p. 50, che l'emir di provincia mandi all'imâm gli avanzi del fei, «quando ve ne abbia, pagati tutti gli stipendii.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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