Per questa ragione nei paesi musulmani i cambiatori, sirāfi, come li dicono, erano per lo pił giudei. Non sappiamo se desse luogo al malcontento quello scrupolo di coscienza, ovvero la cattiva lega dei dirhem. Represso il tumulto, aggiunge il Baiān, rimasero abolite per sempre in Affrica, non solo le ritaglie (kitā'), ma anche i nokūd, che significa buona moneta in generale, e qui parmi si debba intendere di quella dei califi, che avea corso in tutti i paesi. Venne dopo ciņ la coniazione dei dirhem e dinār detti 'asceri, ossia decimali. La numismatica ci permette di aggiugnere che Ibrahim coniasse altresi quarte di dinār in oro; che ve n'ha pubblicate parecchie, e una ne ho veduto nel Cabinet des Medailles di Parigi, uscita probabilmente dalla Zecca di Sicilia l'anno 268, e del peso di un grammo e cinque centesimi, che valea da tre lire e sessanta centesimi pria della attuale perturbazione nel pregio dell'oro.
109 Baiān, tomo I, p. 125. Quivi č usato il vocabolo kabālāt, al singolare kabāla o gabāla, poichč la prima lettera partecipa del suon della g. Indi č agevole a riconoscervi la nostra voce gįbella. Etimologicamente significa promessa, offerta, prestazione.
110 Baiān, l. c. Il testo porta che nel 289 Ibrahim, riformando parecchi abusi del proprio governo «prese le decime in frumento e rilasciņ il kharāg di un anno ai possessori delle dhiā'.» Le varie significazioni di queste voci, di che abbiamo discorso nel capitolo precedente, lascian dubbio se le decime fosserozekāt, ovvero tributo fondiario su i grani, e il kharāg rilasciato, questo medesimo tributo, ovvero censo; e in fine se si tratti di dhiā', poderi demaniali, ovvero beneficii militari.
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