290; Baiân, tomo I, pag. 149, seg.; Cronica di Gotha, versione di Nicholson, p. 100, seg.; Makrizi, presso Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo II, p. 114, 115. Traggo la data del 20 agosto 909 da Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 38 recto.
258 Confrontinsi: Riâdh-en-nofûs, MS. di Parigi, fog. 67 verso; Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, seg.; MS. C, tomo IV, fog. 290, seg., an. 296; Baiân, tomo I, p. 158, 159; Makrizi, Mokaffa', MS. di Parigi, Ancien Fonds, 675, fog. 222 recto; Ibn-Hammâd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 3 recto.
259 Confrontinsi Ibn-el-Athîr e Makrizi, ll. cc. Veggasi anche nel Riâdh-en-nofûs, fog. penultimo, verso, un curioso aneddoto che si narra nella iniziazione d'Ibn-Ghâzi.
260 Nell'originale "Medhi". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
261 Iahîa-ibn-Sa'îd, continuatore di Eutichio, scrive Rûm, il qual nome si dava ad ambe le schiatte e comprendea perciò i Siciliani. La più parte probabilmente erano cristiani di Sicilia, convertiti o no. Uscì da questi giannizzeri fatemiti Giawher conquistatore del Marocco e dell'Egitto, ch'è chiamato ora Rûmi ed or Sikîlli, ossia siciliano.
262 Si legge nel Baiân, tomo I, p. 175 e 184, che il Mehdi nel 303 (915-16) fece il catasto dei poderi tributarii (dhi'â) prendendo la media tra il massimo e il minimo fruttato; e che nel 305 (917-18) levò una tassa addizionale sotto pretesto di arretrati. La sottile avarizia della finanza fatemita si ritrae da tante altre fonti.
263 Iahîa-ibn-Sa'îd, fog.
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