Lģ vidi sorgere una bella aurora, e lungi di quello mi coglie il vespro.
Ahi se non m'era data la speme, quando il mare mi vietņ di porvi il piede,
Io montava, in vece di barchetta, l'arcione, e correva in quelle piagge incontro al sagrifizio.
Ho dovuto tradurre liberamente le strane metafore che ha il testo nell'ultimo verso. L'altra Kasīda, č scritta in risposta ad un amico che par abbia profferto ad Ibn-Hamdis, dopo molti anni, di rappattumarlo con possente famiglia perch'ei tornasse in Sicilia, ove i Musulmani, com'e' parmi, volean tentar qualche sollevazione. La difficoltą di ridurre a lezione plausibile alcuni versi di questo lungo componimento, mi distolse dal pubblicarlo nella raccolta dei testi. Nondimeno vi si scorge manifesta la cagione della fuga; e la famiglia nemica par si chiamasse dei Beni-Hassān. Il poeta, gią maturo e collocato a corte di Mo'tamid, ricusa di tornar di presente nella Sicilia soggiogata dai Normanni; ma perdona a tutti, e finisce la Kasīda sclamando:
Lode ai viventi, lode a coloro le cui ossa giacciono nelle tombe, lode sia a tutti!
Lode, perchč non dura quivi il letargo; e grandi eventi ne riscoteranno anche me.
1439 Si vegga la descrizione ch'ei fa di costoro e il paragone con gli Arabi di Sicilia in una Kasīda che comincia: "Pascon la bianca foglia il cui frutto č sangue (lo stipendio dei mercenarii ec.)" nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 561 e segg.
1440 Ibn-Khallikān. L'Autore dell'Akhbar-el-Molūk intitola Ibn-Hamdīs dsu-l-wizāratein (quel dal doppio officio) che solea dirsi a vizir investito di comando civile e militare: ma qui mi sembra allusione al genio poetico e valor guerriero d'Ibn-Hamdīs.
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