La donna cercò nella memoria.
So quella di Pollicina,
- disse, - "ma non sono sicura di ricordarla bene. E poi, è meglio una per volta: se no, ti stanchi. La prossima volta porterò il libro."
La prossima volta portò un libro, ma non quello di Pollicina, perchè Pollicina in italiano non c'era. Il bambino, del resto, era troppo piccino per divertirsi a sentir leggere: voleva sentir parlare, sentir raccontare per sè solo, nel dialetto cui era abituato; e la donna pure preferiva raccontare, perchè aveva bisogno di vedere nei grandi occhi lucenti se il bambino seguiva il filo della novella, e se non si stancava, e se non gli tornavano i dolori...
Così, dunque, raccontò; raccontò ogni domenica ed ogni mercoledì, per tanti tanti tanti mesi. Quand'ebbe dato fondo alle solite raccolte, prese le novelle un po' da per tutto, sin dai Libri Santi e dai grandi poemi antichi dell'India e della Grecia. Il piccolo malato non ne aveva mai abbastanza. Sentì, ad una ad una, tutte le novelle di questo volume, e molte altre ancora (l'Andersen ne scrisse centocinquantasei); ma queste gli piacevano più di tutte, diceva, "perchè sono un po' melanconiche e un po' allegre, come il sole quando entra qua dentro, nella corsìa."
* *
Io udii un giorno queste parole; e mi parve che il bambino, nella sua semplicità, avesse benissimo definita l'arte di Giovanni Cristiano Andersen, penetrandone proprio l'intima essenza benefica. Un raggio di sole che entra in una corsìa di ospedale, e dà un tono caldo all'umida lucentezza del pavimento, e una tinta rosea ai poveri volti sparuti sopra ai guanciali; che porta come una fragranza di primavera in quell'odorino di acido fenico, e mette un'aureola intorno al capo delle suore.
| |
Pollicina Pollicina Pollicina Libri Santi India Grecia Andersen Giovanni Cristiano Andersen
|