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      Ma se i grandi poi non sanno di meglio che accoccolarsi a terra vicino a lui, e presentargli, ad uno ad uno, i suoi balocchi soliti...
      Il modo toscano "fare i balocchi" ha la sua filosofia. (Penso a quella bambina che, vedendo moversi e camminare una bambola meccanica, esclamò, come mortificata: Ma gioca già da sè!...). Il bello è giocare con gli oggetti che non sono balocchi, e farli diventare, ingegnandosi, col lavorìo dell'immaginazione: e tanto maggiore sarà lo sforzo per coprire i difetti della materia e costringerla a raffigurare l'idea, tanto maggiore sarà la soddisfazione. L'Andersen, rimasto egli stesso, sino all'ultimo, un grande fanciullo, l'Andersen che improvvisava una novella con un solino e un ferro da stirare, ben lo sapeva; e ben lo sapeva il suo glorioso amico Thorvaldsen. Un giorno, nell'estate del 1846, i due amici si trovavano insieme a Nysoe, ospiti del Barone Stampe; ed il grande scultore, entusiasta dell'Anitroccolo e dei Promessi Sposi, che l'Andersen gli aveva letti allora allora, esclamò: "Scommetto che saresti capace d'imbastirci una fiaba anche con un ago da stuoie!" E così nacque la storia di quel vanitosissimo ago da stuoie, "che per poco non si credeva un ago da cucire"3.
      Apro un volume delle novelle e prendo a caso un esempio:
      Babbo, mamma, fratelli, sorelle, tutti sono andati a teatro: non è rimasta a casa che la Mimma col suo vecchio padrino.
      Anche noi ci faremo la nostra brava commedia!
      - dice il padrino: "E tant'è, si può cominciare anche subito.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





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