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      La mamma, Anna Maria, si contentava che stesse buono, che non desse noia, e del resto lo lasciava nel suo cantuccio o sotto la tenda, a fantasticare od a cucire i vestiti dei burattini. Si provarono, è vero, un paio di volte a mandarlo alla scuola; ma poi che il bambino non ci andava volentieri, e i compagni avevano preso a canzonarlo per il suo naso troppo grande e per le sue gambe troppo lunghe, babbo e mamma, sventuratamente, non insistettero, ed a farlo studiare nessuno pensò più.
     
      * *
     
      Il povero ciabattino aveva il capo pieno di poesia e di idee generose, ma anche, ahimè, di idee false, frutto di tante letture mal digerite. Era fanatico ammiratore di Napoleone I, e la fortuna del suo eroe prediletto gli sembrava legittimare ogni più pazza ambizione. Un bel giorno, decise di arruolarsi, con la speranza di tornare "almeno almeno luogotenente", e piantò il deschetto e la famigliuola. Ma era giunto appena ad Holstein che fu conchiusa la pace del 1815; ed egli dovette tornarsene a Odense, rifinito dai disagi e dalle privazioni di quei pochi mesi. Malaticcio com'era stato sempre, non si riebbe più, e morì l'anno dopo, a trentacinque anni. La vedova di lì a poco si rimaritò con un altro ciabattino, un buon uomo, di nome Jürgensen, ed il povero Hans rimase sempre più abbandonato a se stesso. Lo misero per qualche tempo a lavorare in una fabbrica di panni; ma egli, poco avvezzo alle monellerie dei ragazzi della sua età, non se la diceva coi compagni; e allora la madre si persuase facilmente a tenerlo a casa, dove continuò a vestire i suoi fantocci, a giocare al teatrino e a divorare qualunque libro gli capitasse tra mano.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





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