Ma sin dal 1829, in un volumetto ch'ebbe discreta fortuna,14 erano apparse in germe le novelle di Serralocchi e dei Mesi dell'anno; e nel '30, in fondo ad un volumetto di versi, la prima vera e propria Eventyr intitolata Il morto15. A quel tempo, però, soltanto una donna vide lontano nell'avvenire: la moglie del poeta Ingemann, la quale, a proposito di questo Morto, scriveva all'autore: "I piccoli elfi della nostra fanciullezza mi sembrano, dopo tutto, i vostri buoni genii; sono sicura ch'essi v'indicheranno la via giusta, nel bel cielo azzurro."
Più tardi, quando uscirono i primi volumetti di novelle, soltanto il suo ottimo amico Hans Christian Orsted (lo scienziato che scoperse l'influenza della corrente elettrica sull'ago magnetico) scrisse all'Andersen: "l'Improvvisatore ti farà celebre, ma le fiabe ti faranno immortale." L'Andersen, del resto, pur compiacendosene, non ne fu punto persuaso; come avrebbe risposto con un sorriso d'incredulità a chi gli avesse detto, che dei suoi romanzi, la parte che vivrà immortale, oltre alla descrittiva, è quella che narra qualche squisito idillio di bambini - di Cristiano e della zingarella Noemi, per dirne uno, nel Violinista, o di Hialmar e di Elisabetta nelle Due Baronesse. Dopo sei anni di lavoro, nel '47, pubblicò il suo grande poema Ahasuerus, ove sono alcune cose bellissime, specie nei due primi libri. Ma l'Autore sembra imbarazzato a condurlo a termine, e lascia in tronco il protagonista (il dèmone del dubbio), esprimendo ingenuamente la speranza "che altri ne canti poi meglio di lui" - quasi che finisse una novellina "Stretta la foglia, lunga la via.
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