.. Dite la vostra che ho detto la mia!"
Anche allora, l'Andersen si sentì ammonire dai critici che "il Pegaso dell'epica non era cavalcatura per il suo genio; ma che doveva contentarsi di quella magnifica farfalla variopinta, che l'aveva portato sino allora nel Regno delle fate a scegliere fior da fiore."
Sin dal 1845, in fatti, l'Anitroccolo gli aveva assicurata per sempre la fama, anche in patria, dove l'entusiasmo per le fiabe fu assai più tardo a destarsi che nella Norvegia, nella Germania, nell'Inghilterra; e del suo grandioso poema in vece nessuno parla più. Ma quantunque la fama gli venisse di dove meno si aspettava, egli accolse con umile gioia la sua fortuna: "Io mi domando sovente perchè mai il Signore mi colmi di tante benedizioni. Quando tutto ci fu donato, non c'è davvero di che insuperbire: non si può se non chinar la testa, e ringraziar Dio, nella più schietta umiltà." Ed ogni anno, festeggiava con particolare commozione il 5 settembre, la data del suo primo arrivo a Copenaghen. Una volta, anzi, che si trovò in quel giorno ospite di Re Cristiano VIII a Wyk, nell'isola di Föhr, il ministro Rantzau, sapendo che significasse per l'Andersen quella data, lo disse alla Regina; e tutta la famiglia reale festeggiò affettuosamente il poeta, e Re Cristiano volle farsi raccontare tutta la storia di quel povero figliuolo del ciabattino di Odense, ch'era arrivato a Copenaghen con quindici talleri e con una lettera per Madama Schall.
Ed ora?
- domandò il Re.
Oh, ora sono tanto felice e tanto riconoscente.
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