... L'anitroccolo doveva nuotare e nuotare senza posa per isfuggire al gelo. Ma ogni notte il buco dove nuotava si faceva più piccino, sempre più piccino. Era così freddo, che la superficie del ghiaccio scricchiolava. L'anitroccolo doveva agitare continuamente le gambe, per impedire che il buco finisse di chiudersi. Finalmente, si sentì esausto, si abbandonò lì, senza muoversi più, e così rimase, quasi gelato, sul ghiaccio.
La mattina dopo, per tempo, venne un contadino, e lo vide; s'accostò, spezzò il ghiaccio con uno de' suoi zoccoli di legno, e portò l'anitroccolo a casa, a sua moglie; e lì l'anitroccolo rinvenne.
I ragazzi si provarono a giocare con lui. Ma egli credendo che volessero fargli male, dalla gran paura volò nella secchia del latte, così che tutto il latte schizzò per la stanza. La donna, disperata, battè le mani, e l'anitroccolo, più spaurito ancora, via, sul vaso dov'essa teneva in serbo il burro; e di lì, dentro la madia, in mezzo alla farina, e poi fuori di nuovo, e su, in alto, per la camera. Immaginatevi com'era conciato! La donna gridava e gli correva dietro con le molle, i ragazzi saltavano per la casa, ridendo e strepitando e facendo un chiasso indiavolato. Per buona sorte, la porta era aperta; e l'anitroccolo potè mettersi in salvo, scappando a traverso ai cespugli, sulla neve caduta di fresco; e là rimase, così spossato, che pareva fosse per morire.
Ma qui la storia diverrebbe proprio troppo melanconica, se vi avessi a raccontare tutti i patimenti e la miseria, che l'anitroccolo dovette sopportare in quel crudo inverno.
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