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      Ho la gola secca, come infocata: mi par d'averci ora il fuoco ora il ghiaccio, e l'aria è così greve!... Ah, mi tocca morire, mi tocca lasciare il sole caldo e la fresca verzura e tutte le belle cose che il Signore ha create!" Cacciò il piccolo becco dentro all'erba fresca, per cercarvi un po' di ristoro, e allora soltanto scorse la pratellina; la salutò, la baciò col becco e le disse: "Anche tu devi appassire qua dentro, povero fiorellino! Te e la piccola zolla d'erba mi hanno dato, in cambio di tutto il mondo di fuori, che prima era mio. Ogni filo d'erba avrebbe ad essere per me come un albero verdeggiante: ognuna delle tue bianche foglioline, un fiore profumato. Ahimè, voi soltanto mi raccontate quanto e quanto ho perduto!"
      Ah, saperlo consolare!
      - pensava la margheritina; ma non poteva muovere nemmeno una foglia; solo il profumo che esalavano i piccoli petali era molto più acuto del solito. Ciò non isfuggì all'uccellino, e sebbene si struggesse dalla sete e strappasse nell'angoscia anche l'erba verde, lasciò intatto il piccolo fiore.
      Calò la sera, e nessuno comparve; nessuno portò al povero uccelletto una goccia d'acqua. Egli spiegò allora le belle alucce, sussultò in un ultimo spasimo; il canto divenne un melanconico pigolìo, il capino si chinò sopra il fiore, ed il cuore si spezzò, nell'inedia e nella tristezza. E allora, nemmeno il fiore potè chiudere le foglioline e addormentarsi come la sera innanzi; malato e triste, si chinò a terra anch'esso.
      Soltanto la mattina dopo vennero i ragazzi, e quando videro l'uccellino morto, piansero; e con molte lacrime lo seppellirono in una bella tomba, tutta ornata di petali di fiori.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





Cacciò