Abitavano proprio sotto il tetto, ed il vento ci soffiava tagliente, sebbene le fessure più larghe fossero turate, alla meglio, con paglia e cenci. Le sue manine erano quasi morte dal freddo. Ah, quanto bene le avrebbe fatto un piccolo fiammifero! Se si arrischiasse a cavarne uno dallo scatolino, ed a strofinarlo sul muro per riscaldarsi le dita... Ne cavò uno, e trracc! Come scoppiettò! come bruciò! Mandò una fiamma calda e chiara come una piccola candela, quando la parò con la manina. Che strana luce! Pareva alla piccina d'essere seduta dinanzi ad una grande stufa di ferro, con le borchie e il coperchio di ottone lucido: il fuoco ardeva così allegramente, e riscaldava così bene!... La piccina allungava già le gambe, per riscaldare anche quelle... ma la fiamma si spense, la stufa scomparve, - ed ella si ritrovò là seduta, con un pezzettino di fiammifero bruciato tra le mani.
Ne accese un altro: anche questo bruciò, rischiarò e il muro, nel punto in cui la luce batteva, divenne trasparente come un velo. La bambina vide proprio dentro nella stanza, dove la tavola era apparecchiata, con una bella tovaglia d'una bianchezza abbagliante, e con finissime porcellane; nel mezzo della tavola, l'oca arrostita fumava, tutta ripiena di mele cotte e di prugne. Il più bello poi fu che l'oca stessa balzò fuor del piatto, e, col trinciante ed il forchettone piantati nel dorso, si diede ad arrancare per la stanza, dirigendosi proprio verso la povera bambina... Ma il fiammifero si spense, e non si vide più che il muro opaco e freddo.
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