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      - sospirava il piccolo abete: "Allora sė, che stenderei i miei bravi rami in lungo e in largo, e dalla mia vetta guarderei per tutto il mondo. Allora gli uccelli potrebbero fare il nido tra le mie fronde, e, quando tira vento, potrei accennare a dondolarmi superbamente anch'io come i grandi."
      Non trovava piacere nel calore del sole, negli uccellini, nelle nuvole di porpora che passavano sul suo capo mattina e sera.
      Tal volta, nell'inverno, quando la neve era sparsa per tutto bianca e scintillante, una lepre veniva correndo a tutto spiano, e saltava pari pari sopra l'abete. Oh, gli faceva una rabbia... Ma gl'inverni passarono, uno dopo l'altro; e, quando giunse il terzo, il piccolo abete era divenuto cosė alto, che la lepre fu obbligata in vece a girargli attorno.
      Oh, crescere, crescere, divenir grandi, divenir vecchi! Ecco la sola cosa bella di questo mondo! - pensava il piccolo abete.
      Ogni autunno solevano venire i taglialegna a segare gli alberi pių alti; e cosė fecero anche quell'anno. Il piccolo abete, che oramai si era fatto bello alto, rabbrividiva dallo spavento, perchč i grandi alberi maestosi piombavano a terra con fracasso; e poi avevan mozzati tutti i rami, cosė che rimanevano nudi, lunghi e sottili, da non riconoscerli nemmeno pių. E poi erano caricati sui barocci, e i cavalli li trascinavano fuori dal bosco. Dove andavano? che destino li aspettava?
      A primavera, quando venivano le rondini e la cicogna, l'alberello domandava loro: "Sapete dove li abbiano portati? Non li avete incontrati per via?


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345