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      Non ne sa altre, novelle?
      - domandarono i ratti.
      Non so che questa;
      - rispose l'albero: "La udii nella più bella serata della mia vita: non sapevo, allora, quanto fossi felice."
      È una storia molto meschina. Non ne sa una di prosciutti e di candele di sego? non sa storielle di dispensa?
      No,
      - disse l'albero.
      E allora, servi devoti!
      - dissero i ratti; e tornarono alle loro famiglie. Anche i topolini alla fine se ne andarono; e l'abete sospirò, e disse:
      Era bello, però, quando mi stavano tutti attorno, quei cari topolini così allegri, ed ascoltavano i miei racconti. Ora, è finita anche questa. Ma mi ricorderò di essere contento quando mi levano di qui
      .
      Quando lo levarono? Mah! Fu una mattina che la gente di casa venne su a frugare per tutto il solaio: le grandi casse furono scostate, e l'albero fu scovato fuori: veramente, lo buttarono a terra con certo mal garbo; ma poi un domestico lo strascinò subito sulla scala, alla luce del giorno.
      Ah! la vita ricomincia!
      - pensò l'abete.
      Sentì la prima aria fresca, i primi raggi di sole, e si trovò fuori, in un cortile. Tutto ciò era accaduto così rapidamente, che l'albero aveva dimenticato di guardare a se stesso: c'era tanto da guardare intorno a lui!... Il cortile confinava con un giardino; e nel giardino, tutto era in fiore: le rose pendevano fresche e profumate al disopra del piccolo steccato; i gigli erano in piena fioritura, e le rondini gridavano "Videvit! Videvit! Viene mio marito-marit!" Ma non intendevano già con questo di parlare dell'abete.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345