Ora sì, che vivrò!
- disse l'abete tutto allegro, e distese un po' più le braccia... Ma, ahimè! Erano tutte secche e gialle; ed egli si vide buttato là, in un angolo, tra le ortiche e le male erbacce. Sulla vetta aveva ancora la stella di similoro, che scintillava al sole.
Nel cortile giocavano due di quegli allegri fanciulli che avevano ballato intorno all'albero la sera di Natale, e lo avevano tanto ammirato. Il più piccino corse a strappargli la stellina dorata.
Guarda che cosa c'è attaccato a quel brutto alberaccio!
- disse il bambino; e calpestò le rame, che scricchiolarono sotto alle sue scarpette.
L'albero guardò a tutti i fiori lussureggianti, a tutti gli splendori del giardino, e poi guardò a se stesso, e gli dolse di non essere rimasto nell'angolo buio del solaio: ripensò alla sua fresca giovinezza nel bosco; alla lieta notte di Natale; ai topolini, che avevano ascoltato con tanto piacere la novella di Zucchettino.
È finita! è finita!
- disse il vecchio albero: "Almeno avessi goduto quando potevo! È finita, finita, finita!"
Venne un domestico, segò l'albero in pezzi, e ne fece una fascina. La fascina mandò una bella fiamma sotto la caldaia che bolliva, e sospirò profondamente; ed ogni sospiro era come un lieve scoppiettìo. I bambini, che giocavano lì attorno, corsero a mettersi dinanzi al fuoco; e guardavano, e facevano: "Puff Puff!" Ma ad ognuno di quegli scoppiettii, che era un profondo sospiro, l'albero pensava ad una bella giornata d'estate nel bosco, o ad una notte d'inverno, quando le stelle scintillavano sopra gli abeti; pensava alla sera di Natale ed alla novella di Zucchettino, l'unica novella che avesse mai sentita, l'unica che avesse mai saputo raccontare.
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