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      E rise pianino, tra sè; ma non si può mai vedere quando gli aghi ridano. Se ne stava superbo al suo nuovo posto come se guidasse un tiro a quattro, e si guardava attorno.
      Scusi la domanda: è d'oro lei?
      - disse l'ago allo spillo suo vicino: "Ella fa un'eccellente figura: si vede che ha testa, anche se non è molto grande. Bisogna che si sforzi di crescere: non a tutti tocca la fortuna che la ceralacca piova sul loro capo!"
      E l'ago da stuoie alzò il capo con tanta alterigia, che cadde fuor dalla pezzuola proprio dentro all'acquaio, dove la cuoca stava rigovernando.
      Eccoci partiti per un nuovo viaggetto!
      - disse l'ago: "Pur che non mi perda..."
      In vece andò davvero perduto.
      Son troppo fino per questo mondo!
      - pensava, mentre giaceva in fondo alla chiavica. "Ma almeno conosco me stesso, ed è sempre una consolazione."
      Così l'ago da stuoie serbò i suoi modi alteri, e non perdette il buon umore. Passavano, galleggiando sopra il suo capo, oggetti d'ogni sorta: cenci, fuscelli di paglia, brani di vecchi giornali.
      Ma guarda come navigano!
      - diceva l'ago da stuoie: "Non sanno, essi, chi sta qui sotto! Ed io sono qui, e qui rimango fermo. Guarda, ecco un cencino che passa; e in tutto il mondo non sa trovar altro di meglio cui pensare che se stesso... un cencio! Ecco una paglia ora! Come gira e rigira intorno a se stessa! Pensa anche a qualcos'altro, figliuola! A non aver occhi che per se stessi, c'è da andar a battere contro qualche pietra. Ecco un pezzetto di giornale, che nuota. Quello che c'è scritto sopra è bell'e dimenticato da un pezzo; e pure si dà certe arie!


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





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