Mio eccellente usignuoletto,
- disse il Cavaliere. "Ho l'onore d'invitarti per questa sera alla Corte, ove affascinerai Sua Maestà l'Imperatore con la dolcezza del tuo canto."
Le mie canzoni suonano meglio tra il verde della foresta,
- osservò l'usignuolo; ma si arrese volentieri quando udì che tale era il desiderio dell'Imperatore.
Il palazzo era addobbato a festa. Le pareti ed i pavimenti, tutti di porcellana, scintillavano alla luce di migliaia e migliaia di lampade d'oro. I fiori più rari, quelli che avevano i campanellini più squillanti, adornavano i vestiboli. C'era un continuo andirivieni, e continue correnti d'aria, ed i campanellini suonavano tanto forte, che non si sentiva la propria voce.
Nel mezzo della sala grande, dove sedeva l'Imperatore, avevano posta una gruccia d'oro, e su quella doveva stare l'usignuolo. Tutta la Corte era presente, e la piccola guattera aveva avuto licenza di appostarsi dietro la porta, perchè le era stato conferito il titolo di Cuoca effettiva di Corte. Tutti vestivano l'alta uniforme, e tutti guardavano l'uccellino grigio, che l'Imperatore aveva salutato con un cenno del capo.
E l'usignuolo cantò così meravigliosamente bene, che all'Imperatore vennero le lacrime agli occhi, e poi scesero giù giù per le gote. E allora l'usignuolo cantò ancora meglio, con tanta dolcezza, che il canto andava proprio al cuore. L'Imperatore rimase così sodisfatto, che voleva conferire all'usignuolo le sue pantofole d'oro, perchè le portasse al collo. Ma l'usignuolo, pur ringraziando, non volle accettare, dicendo di essere già compensato abbastanza.
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