Ma che cosa mi darai se canto ancora? Mi darai quella magnifica spada d'oro? Mi darai quella ricca bandiera? Mi darai la corona dell'Imperatore?
E per ogni nuova canzone, la Morte cedette ad uno ad uno i suoi tesori. L'usignuolo cantava, cantava; diceva del tranquillo cimitero dove le bianche rose fioriscono; dove soavi i lillà odorano sopra le tombe, e dove irrorano le fresche zolle tutte le lacrime di chi rimane. Allora la Morte provò un irresistibile desiderio di rivedere il suo giardino, e volò via per la finestra, sotto forma di una fredda candida nebbia.
Grazie, grazie!
- disse l'Imperatore: "Ben ti riconosco, celeste uccelletto! Ti ho bandito dalla città e dall'Impero, e pure tu hai scacciato dal mio letto gli spettri del male, ed hai bandito la Morte dal mio cuore. Come potrò mai ricompensarti?"
Ho già avuto la mia ricompensa;
- rispose l'usignuolo: "Ho veduto le lacrime ne' tuoi occhi la prima volta che ho cantato alla tua presenza; nè potrò mai dimenticarle. Ecco i gioielli che rallegrano il cuore del cantore. Ma ora dormi, se vuoi tornar forte e tranquillo. Ti canterò qualche altra cosa."
E cantò; e l'Imperatore cadde in un dolce sopore. Ah, com'era soave ristoro il sonno! Il sole entrava dalla finestra fin sul letto, quando si destò riposato e guarito: nessuno de' suoi valletti era tornato ancora, perchè tutti lo credevano morto: l'usignuolo soltanto gli stava vicino e cantava.
Devi rimanere sempre con me!
- disse l'Imperatore: "Canterai come ti piace, ed io farò a pezzi l'uccello meccanico.
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