Tutti osservavano l'etichetta del pranzo di gala, eccettuati i due giovani Gnomi norvegesi, i quali mettevano tranquillamente i piedi sopra la tavola, convinti che a loro fosse tutto permesso.
Giù i piedi dalla tavola!
- gridò il vecchio Gnomo.
Ed essi obbedirono, ma non senza brontolare. Facevano il solletico alle loro dame con gli aghi di pino che si trovarono indosso; e poi, per istare a miglior agio, pensarono di togliersi gli stivali e di darli a custodire alle dame.
Ben diverso, in vece, era il contegno del padre: il vecchio Gnomo di Dovre sapeva raccontare storie bellissime, delle superbe rupi norvegesi, e delle cascate che precipitano in candida spuma, con un fragore che ora somiglia al rombo del tuono, ora ai boati dell'organo in una cattedrale; raccontava del salmone, che balza fuor dall'acqua, sfidando persino l'impeto delle cascate, quando la Fata suona la sua arpa d'oro; e delle limpide notti invernali, in cui si sentono tintinnire le sonagliere delle slitte, e i ragazzi con le torce accese, corrono sul ghiaccio, e vedono impaurirsi i pesci sotto i loro piedi, tanto il ghiaccio è trasparente. E raccontava così bene, che pareva di aver lì presente tutto quanto descriveva. Si sentiva rumoreggiare la ruota del molino, si udiva il canto dei garzoni e delle serve e si assisteva ai loro balli contadineschi. Evviva! A un tratto il vecchio Gnomo dette un bacio alla figlia maggiore del Re degli Elfi; e che bacio! Proprio con lo schiocco. E pure non erano nemmeno parenti.
Le figlie del Re dovettero ballare, da prima leggere e snelle, sfiorando appena il suolo; poi battendo forte la misura col piede - e ciò si confaceva singolarmente al loro genere di bellezza.
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