Gli aranci e i mandarini luccicavano come l'oro, e c'erano torte tanto piene di frutta, ch'erano lì lì per iscoppiare. Ah, che bellezza! Ma proprio in quel momento, un gemito straziante uscì dal cassetto del tavolino, dov'era il quaderno di scuola di Hjalmar.
Che mai può essere?
- disse Serralocchi; andò al tavolino, ed aperse il cassetto. Era la lavagna presa da convulsioni, perchè nel problema s'era ficcata un'operazione sbagliata, e i numeri cercavano di scappar via. Povera lavagna! pareva che volesse farsi in pezzi; e la pietra romana, attaccata al cordoncino, spiccava certi salti e dava certi strattoni, da sembrare un piccolo can barbone che volesse correre in aiuto del problema. Ma aiutarlo non poteva. Un gran piangere e lamentarsi faceva anche il quaderno di calligrafia di Hjalmar: era proprio una pena sentirlo! In ogni pagina, le maiuscole stavano l'una sotto l'altra, in capo linea, ed ognuna teneva per mano la sua minuscola: quelli erano i modelli. Dopo venivano alcune altre lettere, che pretendevano di somigliare tal quali alle prime; e queste, le aveva scritte Hjalmar; ma pendevano tutte da un lato, come se inciampassero nella linea segnata a matita, sulla quale dovevano star ritte, e parevano lì lì per cadere.
Vedete?
- diceva il modello: "Così dovreste stare, inclinate da quella parte. Su via! datevi lo slancio per bene!"
Magari potessimo!
- rispondevano le maiuscole di Hjalmar: "Ma non abbiamo forza, siamo troppo stente, troppo deboli..."
E allora bisogna prendere l'olio di merluzzo!
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