La principessina teneva forte, e a ciascuno ne restava un pezzetto: alla principessa, il più piccino; a Hjalmar, il più grande. In ogni palazzo stava di guardia un principino. Bastava che sguainasse la piccola spada d'oro, perchè piovesse uva passa e soldatini di stagno: quelli erano principi!
Talora Hjalmar passava a traverso boschi e giardini; tal altra a traverso ampii mercati o città popolose. Arrivò anche alla città dove stava la sua balia, quella che lo aveva portato in collo quand'era piccino piccino, e ch'era stata sempre tanto buona con lui; e la balia lo salutò con la mano e col capo, e gli cantò la canzoncina ch'ella stessa aveva composta e mandata a Hjalmar:
Io t'ho voluto tanto bene e tanto,
che a venir via mi s'è spezzato il core.
La notte ti ho cullato col mio canto,
e il giorno t'ho allevato col mio amore.
L'amor t'ho dato e il sangue delle vene,
pensa, bambino, se ti voglio bene!
T'ho dato il latte e tutto l'amor mio,
oh, pensa se per te non prego Iddio!
E tutti gli uccelli cantavano insieme, e tutti i fiori danzavano sullo stelo; e i vecchi alberi scotevano il capo, come se il folletto Serralocchi avesse raccontato anche a loro le sue novelle!
MERCOLEDÌ
Come scrosciava la pioggia! Hjalmar la sentiva anche nel sonno; e quando Serralocchi aperse una finestra, l'acqua arrivava sino al davanzale. Fuori, s'era formato tutto un lago, e una nave maestosa era ancorata proprio dinanzi alla casa.
Se vuoi salpare con me, mio piccolo Hjalmar,
- disse Serralocchi, "questa notte possiamo viaggiare in paesi stranieri, ed essere di ritorno per domattina.
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