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      Capitò nel salotto gente di varia specie, e ognuno esprimeva la sua ammirazione secondo l'indole sua. Alcuni non dicevano nulla, ed altri dicevano troppo; e così il ramoscello imparò che c'è differenza tra uomo e uomo, tale e quale come tra pianta e pianta: "Alcune sono create per la bellezza, altre per l'utilità; e ce n'è parecchie di cui si può far senza benissimo," - pensava il ramoscello di melo. E poi che stava giusto di contro alla finestra aperta, dalla quale poteva vedere il giardino, e i campi, al di là della cancellata, non gli mancavano fiori e piante da contemplare e da prendere per oggetto di meditazione. V'erano piante di lusso e piante umili, alcune umilissime davvero.
      Povere erbe disprezzate!
      diceva il ramoscello di melo: "Sicuro che c'è differenza! E come debbono sentirsi infelici... se pure quella specie di individui sente come me e come i miei pari. Sicuro che c'è differenza, e che bisogna distinguere tra gli uni e gli altri; se no, si sarebbe tutti eguali."
      Il ramoscello guardava con una certa pietà sopra tutto ad una specie di fiori, i quali crescono in grandissima copia nei campi e sul margine dei fossati. Nessuno li raccoglie in mazzo perchè son troppo comuni: si trovano persino tra le commessure del selciato, spuntano da ogni buco, come le peggiori erbacce; e poi hanno un brutto nome: si chiamano soffioni o denti di leone.
      Povere piante disprezzate!
      - diceva il ramoscello di melo: "Non è colpa vostra se siete tante, e se vi hanno messo un così brutto nome. Ma è delle piante come degli uomini: bisogna che ci sia differenza!


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345