» Responne Tito Livio e dice: «Questo faccio per ponere requie allo animo mio». Quasi dica: «Lo animo mio ène stimolato de scrivere questa materia. Voglione toccare. Puoi me se posa consolato lo mio animo». Così dico io: «L'animo mio stimolato non posa finente dio che io non aio messe in scritto queste belle cose e novitati le quale vedute aio in mea vita». La quinta cascione ène anche quella che scrive Tito Livio nello proemio dello sio livro, nella prima decada. Dice: «Mentre che sto occupato a scrivere queste cose, so' remoto e non veggo le crudelitati le quale per tanti tiempi la nostra citate hao vedute». Così dico io: «Mentre che prenno diletto in questa opera, sto remoto e non sento la guerra e li affanni li quali curro per lo paese, li quali per la moita tribulazione siento tristi e miserabili non solamente chi li pate, ma chi li ascoita». Quello che io scrivo sì ène fermamente vero. E de ciò me sia testimonio Dio e quelli li quali mo' vivo con meco, ché le infrascritte cose fuoro vere. E io le viddi e sentille: massimamente alcuna cosa che fuin mio paiese intesi da perzone fidedegne, le quale concordavano ad uno. E de ciò io poneraio certi segnali, secunno la materia curze, li quali fuoro concurrienti con esse cose. Questi segnali farrao lo leiere essere certo e non suspietto de mio dicere. Anche questa cronica scrivo in vulgare, perché de essa pozza trare utilitate onne iente la quale simplicemente leiere sao, como soco vulgari mercatanti e aitra moita bona iente la quale per lettera non intenne.
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Tito Livio Tito Livio Dio
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