Alcuna voita fu demannato questo perché faceva. Respuse e disse: «L'omo, che vole essere libero naturalmente, non sao mantenere fidelitate. Lo cane, lo quale non conosce libertate, è fidele a sio patrone». Anche questo missore Lucchino fu omo moito iusto. Né per aoro né per ariento lassava de fare iustizia, sì che soa terra era franca. Abbe uno sio figlio vastardo: missore Bruzo avea nome. A questo missore Bruzo donao la signoria de Lodi. A quella citatella lo mannao a regnare. Accadde che uno ientile omo occise un aitro. Fu preso e devease decollare. Li parienti de questo malefattore parlaro con missore Bruzo e dissero così: «Missore Bruzo, a ti bisognano denari. Non perda la perzona lo presonieri vuostro. Ecco quinnici milia fiorini apparecchiati». Questo odenno missore Bruzo de colpo fu mollato. Cavalcao da Lode a Milano. Fu denanti allo patre, sì se inninocchiao e domannao
grazia, perché esso era povero cavalieri. Poteva guadagnare quinnici milia fiorini, se allo malefattore salvava la vita. Questo odenno lo patre, missore Lucchino, deo de cenno a un sio donziello, che li portassi dalla cammora un sio elmo. L'elmo era moito forbito e relucente. De sopre era uno bello cimiero, de velluto vermiglio copierto. Eranonce scritte lettere de aoro. Quanno l'elmo fu venuto, disse: «Bruzo, lieii queste lettere». Le lettere fuoro lesse. Dicevano: «Iustizia». Disse: «Dunqua noi in apparenzia la iustizia portemo, in effetto no? Che vòi che quinnici milia fiorini pesino più che·llo elmo mio, lo quale pesa più che·lla mea signoria?
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