La reina li donao tanta moneta, che lo ponte se refaceva con alcuno aiuto. Donne fuoro fatte le cosse nove e·lla torre e forano fatte le arcora, se non avessi auto impedimento. Puoi incomenzao a muitiplicare la poveraglia de Roma e tanto era lo petire, che non bastava lo sio dare. Per la importunitate delli petitori se abivacciao la reina e convenneli partire. Nam pauperes habent mores corvinos. Rustici montani mores habent lupinos. Moito la onoraro le donne de Roma. Moito ammirava l'abito de Romane. Partìose e gìo a Napoli a visitare sio figlio re Antrea, e visitaolo e là recipéo per la reina Iuvanna e per li conti dello renno quelle onoranze le quale diceraio là dove se tocca della morte de re Antrea. Questa reina veniva sopra una carretta. Quattro palafreni tiravano quella. Otto contesse sedevano con essa. Tutte guardavano ad essa. Nella aitra carretta venivano aitre damiscelle con veli ongareschi e con coronette d'aoro puro in capo. Cinquanta cavalieri a speroni d'aoro intorno, e aitri serviziali. Questa donna avea mozze quattro deta della soa mano ritta. E mozzaolille uno barone de Ongaria: Feliciano abbe nome. La novella fu così. Feliciano abbe una figlia, nome Elisabetta, la quale per compagnia della reina usava in corte regale. Lo cunato dello re carnaliter illam mediante regina cognovit. Venne lo tiempo che·llo patre la retrasse dallo servizio della reina e disse ca·lla voleva maritare. Disse Elisabetta: «Non se conveo che marito aia quella a chi sotto ombra de re è tuoito sio onore». Questo odenno Feliciano fu turbato.
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