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      Passato lo stuolo, Saracini, la perfida iente, non dottava per la granne loro moititudine. Anche stavano canto l'acqua e manicavano e godevano, loro cembali sonavano, granne stormo facevano. Alla fine se levano su. Prienno loro arme, arcora, mazze e fionne, e resisto forte e pienamente. L'ora era su la terza. Ora vedesi tromme e instrumenti sonare. Odese romore da parte in parte. Tamanto è lo strillare, che voce umana nulla se intenneva. Su in quelle coste rembombava lo crudele romore. Dieci miglia da longa fu odito. Odi pianto, odi gridare. A cuorpo a cuorpo se affrontano. Alle mano soco. Chi dao, chi tolle."Dae, dae, dae" odivi; aitro no, per granne ferire su nelle teste armate. Vedese iettare de lance, aizare de spade, saiette volare. Le prete, vrecce de fiume, de piena mano fioccavano como neve. Là erano la maiure parte Turchi, li quali aitro non aveano se non fionne e prete. Moita iente pericolaro. Io ademannai uno pellegrino spagnuolo se de questa rotta alcuna cosa sapeva. Quello disse ca nce fu, e trassese sio capiello de capo e scoperze la fronte e mustrao una sanice rotonna in mieso della fronte, e disse ca quello fu colpo de preta. Un aitro, lo quale similemente adimannai, scoperze lo capo de sio cappuccio e mustraome tre sanici de colpo de spada e una nella fronte de preta. Puoi bene sapere ca se maniavano Saracini, ca·sse aiutavano. Vedese travoccare da cavallo, teste fennere, saiette e sbiedi pietti passare. Passano li cavalli sopra le corpora. Granne ène lo pianto e·llo guamentare.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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