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      Veo la bella e onorata iente de Filadelfia bene a cavallo, bene armata. In questo mieso moiti badalucchi fuoro fatti per la libertate dello ire, non senza danno. Piacque intanto a Veneziani de fare alcuna triegua fine che lo dalfino venuto fussi. La ambasciata ne gìo ad Aito Luoco da parte de Veneziani per la triegua. Demannavano le Esmirre interamente. Quanno la ambasciata fu ionta, Morbasciano iaceva in terra appoiato sopra lo sinistro vraccio e sì pranzava. Grasso era tanto esmesuratamente che pareva votticiello lo sio ventre; vestuto de bisso moito nobilemente lavorato a seta. Denanti li venivano scudella de preta storiate, lucente, piene de vidanna con zuccaro, latte de miennole, ova e spezie e risi. E sì teneva in mano uno cucchiaro d'aoro e fortemente devorava. Odita che abbe la ambasciata, non se levao suso da sio pranzo, ma fra l'aitre paravole disse: «Noi sapemo bene che per certo lo dalfino sopra noi veo. Mentre che durano doi nuostri prosperosi amici, li quali demorano fra la iente cristiana, noi non dubitamo». Dissero li ambasciatori: «Quali soco questi vuostri amici?» Respuse Morbasciano, né per interprete, anche in lengua latina, e disse: «Soco Guelfo e Gebellino». Intanto ionze lo dalfino de Vienna nelle Esmirre. Trenta cavalieri avea, non più. De colpo, como ionze, così fece enzerrare le porte e teneva la iente a freno; no·lli lassava avere libertate dello iessire. Presure currerie fuoro fatte. Moiti Turchi fuoro presi. La iente ne venne moita de Roma, della Alamagna, de Francia, de Piccardia.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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