Li pozzi se empiero de acqua. Crescente lo fiume, l'acqua crebbe. Mancanno lo fiume, l'acqua mancao.
Cap. XVI
Della galea sorrenata e derobata in piaia romana.
Currevano anni Domini MCCC[...], dello mese de [...], a dìe [...] quanno sorrenao una galea de mercatantia in piaia romana, fra Puorto e Ostia, in lo Tevere. La novella fu per questa via. Mercatanti dello renno venivano da ponente e aveano caricata in Marzilia e in Avignone una galea de panni franceschi. Lo legno era della reina Iuvanna. Lo patrone, li comiti e·lli marinari erano d'Ischia. La mercantia era de Napoletani e Ischiani. Movese la galea e forte leva in aito le vele allo viento. Passa Marzilia, passa Monaco, passa lo mare de Genova. Puoi ne passa a Pisa. Puoi ne veo a Piommino. Puoi ne veo a Civitavecchia. Passata che abbe la piaia de Civitavecchia, volevano entrare in casa. Allora se mosse una pestilenzia de viento. Lo mare bussava senza misericordia. Li vienti erano tanto contrarii, che maiesterio de marinari perdiva onne rascione. La notte era forza mesa. La oscuritate orribile. Mai non vedesti sì pena de inferno. Nullo remedio era, salvo che de tornare allo puorto de Civitavecchia. Forte e duro pareva alli marinari e alle vivate tornare in reto e tanta via perdire. Se a Civitavecchia tornavano, ponevano la nave in salvo. Fu deliverato de tenere mesa via, de canzare in piaia romana e fuire lo pericolo, recuveranno nello Tevere de Roma. Così fu fatto. Voitano li marinari suoi artificii e ignegni.
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