In prima, che Vespasiano potessi fare a sio benepiacito leie e confederazione con quale iente o puopolo volessi; anche che potessi mancare e accrescere lo ogliardino de Roma, cioène Italia; potessi dare contado più e meno, como volessi; anche potessi promovere uomini a stato de duca e de regi e deponere e degradare; anco potessi disfare citate e refare; anco potessi guastare lietti de fiumi e trasmutarli aitrove; anche potessi imponere gravezze e deponere allo benepiacito. Tutte queste cose consentìo lo puopolo de Roma a Vespasiano imperatore in quella fermezza che avea consentuto a Tiberio Cesari. Lessa questa carta, questi capitoli, disse: «Signori, tanta era la maiestate dello puopolo de Roma, che allo imperatore dava la autoritate. Ora l'avemo perduta». Puoi se stese più innanti e disse: «Romani, voi non avete pace. Le vostre terre non se arano. Per bona fede che·llo iubileo se approssima. Voi non site proveduti della annona e delle vettuaglie; ca se la iente che verrao allo iubileo ve trova desforniti, le prete ne portaraco de Roma per raia de fame. Le prete a tanta moititudine non bastaraco». Puoi concluse e disse: «Pregove che la pace con voi aiate». Po' queste paravole disse: «Signori, saccio ca moita iente me teo in vocca per questo che dico e faccio, e questo perché? Per la invidia. Ma rengrazio Dio che tre cose consumano li medesimi. La prima ène la lussuria, la secunna lo fuoco, la terza ène la invidia». Fatto lo sermone e desceso, da tutta iente fu pienamente laodato.
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