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      In questi dìi usanno alli magnari colli signori de Roma, con Ianni Colonna, li baroni ne prennevano festa de sio favellare. Facevanollo sallire in pede e sì·llo facevano sermonare. E diceva: «Io serraio granne signore o imperatore. Tutti questi baroni persequitaraio. Quello appenneraio, quello decollaraio». Tutti li iudicava. De ciò li baroni crepavano delle risa. Po' queste cose 'nanti disse la salluta soa e·llo stato della citate e·llo ieneroso reimento per questo muodo. Fece pegnere nello muro de Santo Agnilo Pescivennolo, lo quale è luoco famoso a tutto lo munno, una figura così fatta. Nello cantone della parte manca stava uno fuoco moito ardente, lo fume e·lla fiamma dello quale se stennevano fi' allo cielo. In questo fuoco staievano moiti populari e regi, delli quali alcuni parevano miesi vivi, alcuni muorti. Anco in quella medesima fiamma staieva una donna moito veterana, e per la granne caliditate le doi parte de questa veglia erano annerite, la terza parte remasa era illesa. Da la parte ritta, nello aitro cantone, era una chiesia con uno campanile aitissimo, dalla quale chiesia iessiva uno agnilo armato, vestuto de bianco. La soa cappa era de scarlatto vermiglio. In mano portava una spada nuda. Colla mano manca prenneva questa donna veglia per la mano, perché la voleva liberare da pericolo. Nella aitezza dello campanile staievano santo Pietro e santo Pavolo como venissino da cielo, e dicevano così: «Agnilo, agnilo, succurri alla albergatrice nostra». Puoi staieva pento como de cielo cadevano moiti falconi e cadevano muorti in mieso de quella ardentissima fiamma.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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