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      Settimo, che li denari, li quali viengo dello focatico e dello sale e delli puorti e delli passaii e delle connannazioni, se fossi necessario, se despennano allo buono stato. Ottavo, che·lle rocche romane, li ponti, le porte e·lle fortezze non deiano essere guardate per alcuno barone, se non per lo rettore dello puopolo. Nono, che nullo nobile pozza avere alcuna fortellezze. Decimo, che li baroni deiano tenere le strade secure e non recipere li latroni e li malefattori, e che deiano fare la grascia so pena de mille marche d'ariento. Decimoprimo, che della pecunia dello Communo se faccia aiutorio alli monisteri. Decimosecunno, che in ciasche rione de Roma sia uno granaro e che se proveda dello grano per lo tiempo lo quale deo venire. Decimoterzio, che se alcuno Romano fussi occiso nella vattaglia per servizio de Communo, se fussi pedone aia ciento livre de provisione, e se fussi cavalieri aia ciento fiorini. Decimoquarto, che·lle citate e·lle terre, le quale staco nello destretto della citate de Roma, aiano lo reimento dallo puopolo de Roma. Decimoquinto, che quanno alcuno accusa e non provassi l'accusa, sostenga quella pena la quale devessi patere lo accusato, sì in perzona sì in pecunia. Moite aitre cose in quella carta erano scritte, le quale perché moito piacevano allo puopolo, tutti levaro voce in aito e con granne letizia voizero che remanessi là signore una collo vicario dello papa. Anco li diero licenzia de punire, occidere, de perdonare, de promovere a stato, de fare leie e patti colli puopoli, de ponere tiermini alle terre.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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