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      Tutta Roma, onne cavallaria, ne vao a Santo Ianni, anco li baroni e foresi e citadini per vedere missore Nicola de Rienzi cavalieri. Faose granne festa, faose letizia. Staieva missore Nicola como cavalieri ornato nella cappella de Bonifazio papa sopra la piazza con solenne compagnia. Là se cantava solennissima messa. Non ce mancao cantore, non apparato de ornamento. Mentre che tale solennitate se celebrava, lo tribuno se fece 'nanti allo puopolo, mise gran voce e disse: «Noi citemo missore papa Chimento che a Roma venga alla soa sede». Puoi citao lo colleio delli cardinali. Anco citao lo Bavaro. Puoi citao li elettori dello imperio in la Alamagna e disse: «Voglio che questi vengano a Roma. Voglio vedere che rascione haco nella elezzione»; ca trovava scritto che, passato alcuno tiempo, la elezzione recadeva a Romani. Fatta tale citazione, prestamente fuoro apparecchiate lettere e currieri e fuoro messi in via. Puo' questo trasse fòra della vaina la soa spada e ferìo lo aitare intorno in tre parte dello munno e disse: «Questo è mio, questo è mio, questo è mio». Era là presente a queste cose lo vicario dello papa. Stava como leno idiota. Non sentiva, ma stupefatto de questa novitate contradisse. Abbe un sio notaro e per sentenzia piubica se protestao e disse ca queste cose non se facevano de soa voluntate, anco senza soa coscienzia e licenzia de papa; e de ciò pregao lo notaro che ne traiessi piubico instrumento. Mentre che lo notaro gridanno ad aita voce queste protestazioni allo puopolo faceva, commannao missore Nicola che tromme, trommette, naccari e ceramelle sonassino, che per lo maiure suono la voce dello notaro non se intennessi.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
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