So' contento». E in ciò puse lo sio seiello in la carta colli capitoli scritti. Deo la voita in reto a Vitervo. Delle promesse niente servava. Diceva: «Io non ne voglio fare cobelle». Aiogneva: «Lo legato hao cinquanta prieiti fra compagni e cappellani. Li miei regazzi bastano a contrastare alli prieiti suoi». Questa paravola non se potéo celare, che non pervenisse alle recchie dello legato. A ciò respuse lo legato e disse: «Bene se vederao che miei prieiti serraco più valorosi che·llo profietto con suoi regazzi». Puoi che lo legato conubbe l'animo dello profietto indurato, vidde la perverza mente ostinata, crociata non li bannìo sopra (no·lli pareva da tanto), ma abbe lo aiutorio della lega de Toscana, de Peroscia, de Fiorenza e Siena. Fece granne oste, in la quale fu esso perzonalmente. In quella oste fu Cola de Rienzi cavalieri, lo quale veniva assoluto de Avignone dallo papa, como s'è ditto. Poco curò lo profietto de oste de sollati. Allora iessìo fòra lo puopolo de Roma. Ianni conte de Vallemontone fu lo capitanio. Comenzao a fare lo guasto. Uno terzieri de Vitervo guastaro, vigne, oliveta e arbori. Onne cosa metto in ruvina. La iente sparlava dello profietto. Ranieri de Bussa lo molestava. Lo profietto, como tiranno dubitanno de suoi citatini, viddese male parato. Deliberato consilio saniori, mise lo capo in vraccio e in gremmio della Chiesia rennenno lo altruio. Rennéo Vitervo, Orvieto, Marta e Canino. Remaserolli soie castella nettamente. Remaseli anco Corneto, Civitavecchia e Respampano.
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