Deveva venire in Italia uno legato, don Gilio Conchese, cardinale de Spagna. Apparecchiavase e scriveva sia famiglia. Cola de Rienzi con questo legato iessìo de Avignone purgato, benedetto e assoluto. E collo legato passao la Provenza e venne a Montefiascone per recuperare lo Patrimonio, como ditto ène. Delle prime terre che se renniero alla Chiesia fu Toscanella, e·llo cassaro fu vennuto per moneta. Cola de Rienzi se retrovao a prennere la terra per la Chiesia. Puoi se retrovao nello assedio de Vitervo, e retrovaose a tutti quelli fatti de arme da cavalieri. Avea vestimenta assai iuste e oneste, buono cavallo. Non solamente in l'oste, anco in Montefiascone aveva tamanta rechiesa de Romani, che stupore era a dicere. Onne Romano ad esso fao capo. Forte ène visitato. Granne coda de populari se strascinava dereto. Onne iente faceva maravigliare, persi' lo legato, tanto l'appresciava la rechiesa delli citatini de Roma. Per maraviglia lo vedevano. Forte li pareva che campata avessi la vita infra tanti potienti. Alla sopraditta depopulazione de Vitervo, como sopra narrato ène, fuoro Romani. Tornata l'oste, granne partita de Romani trasse a vedere Cola de Rienzi: uomini populari, granne lengue e core; maiure proferte, poche attese. Dicevano: «Torna alla toa Roma. Curala de tanta infirmitate. Sinne signore. Noa te darremo sobalimento, favore e forza. Non dubitare. Mai non fusti tanto demannato né amato quanto allo presente». Queste vessiche li populari de Roma li daievano: non li daievano denaro uno.
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