A cị fare bisognava moneta. Senza sollati non se p̣ fare. A tre milia fiorini salĺo la mastice. Fecese promettere tre milia fiorini, e esso promise de rennerelli, e per merito promise farlo citatino de Roma e granne capitanio onorato, a despietto dello frate, missore Bettrone. Anco dello mercatante toize dello puosto quattro milia fiorini e deoli a Cola de Rienzi. 'Nanti tame che missore Arimbaldo assenassi questa moneta a Cola de Rienzi, voizene avere licenzia de sio maiure frate, frate Monreale. Mannaoli una lettera. La sentenzia era questa: «Onorato fratello, più aio guadagnato io in uno d́e che voi in tutto tiempo de vostra vita. Io aio acquistato la signoria de Roma, la quale me promette missore Nicola de Rienzi cavalieri, tribuno, visitato da Romani, chiamato dallo puopolo. Credo che lo penzieri non verrao fallato. Vego ca collo aiutorio dello ignegno vuostro lo mio stato non serrao rotto. Bisogna in cị moneta per incomenzare. Quanno piacerao alla vostra fraternitate, io tollo quattro milia fiorini dello puosto e con potenzia armata me camino a Roma». Fra Monreale, lessa la lettera de sio frate, rescrisse. Lo tenore de soa scrittura era questo: «Granne ora me aio penzato sopra la opera la quale intienni. Granne e importavile peso ène quello che ṿi fornire. Nello animo mio bene non cape che te venga fatto. La mente non ce vao. La rascione me·llo contradice. Nientemeno fate voi e facciate bene. Imprimamente hai guardia che·lli quattro milia fiorini non se perdano. Se ve scontrasse alcuna cosa sinistra, scrivateme.
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