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      Tanta è la salvatichezza de questo luoco, che nulla oste là p̣tera demorare». Ma non era coś. Anco era la cruditate delli baroni de Roma, li quali staievano a vedere que ne iessiva, non ce volevano operare. Allora lo tribuno disse queste paravole: «Mai non te lento fi' che non te consumo, Pellestrina. E se io po' la sconfitta de Colonnesi a porta de Santo Lorienzo avessi cavalcato collo puopolo de Roma, in questa terra liberamente entrava senza contradizzione. Ià fora deruvinata. Io non sostènnera allo presente questo affanno. Lo puopolo de Roma v́ssera in pace reposato». Allo secunno d́e che l'oste posta fu, fu comenzato lo guasto e fu depopulato tutto lo ogliardino de Pellestrina, tutto lo piano fi' alla citate. Non remase aitro che la parte de sopra, meno che·llo terzo. Quello poco non fu depopulato, perché alli d́i otto l'oste se part́o. E questa partenza fu per doi cascioni. La prima, che Velletrani erano odiosi con Tevertini. Subitamente se mettevano dentro in Pellestrina. Per tale via fuoro auti sospietti che·lla baratta non se levassi nell'oste. La secunna cascione fu che·lla fante de missore [...] [...] «Sostenga qui uno o doi de noi, lassi ire mi. Io li farraio venire dieci milia, vinti milia fiorini e moneta e iente quanta
      li piace. Deh, faccialo per Dio!» A queste paravole non trovava tutore alcuno. Fatta la notte, preso da primo suonno fra Monreale fu menato allo tormento. Quanno vidde la corda, desdegnato con mormorazione disse: «Ià ve aio bene ditto che voi rustichi villani site.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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