Prese lo confallone dello puopolo e solo se affece alli balconi della sala de sopra maiure. Destenneva la mano, faceva semmiante che tacessino, ca voleva favellare. Sine dubio che se lo avessino scoitato li àbbera rotti e mutati de opinione, l'opera era svaragliata. Ma Romani non lo volevano odire. Facevano como li puorci. Iettavano prete, valestravano. Curro con fuoco per ardere la porta. Tante fuoro le valestrate e·lli verruti, che alli balconi non potéo durare. Uno verruto li coize la mano. Allora prese questo confallone e stenneva lo sannato da ambedoi le mano. Mostrava le lettere dello auro, l'arme delli citatini de Roma, quasi venissi a dicere: «Parlare non me lassate. Ecco che io so' citatino e popularo como voi. Amo voi, e se occidete me, occidete voi che romani site». Non vaize questi muodi tenere. Peio fao la iente senza intellietto. «Mora lo traditore!» chiama. Non potenno più sostenere, penzao per aitra via campare. Dubitavase de remanere su nella sala de sopra, perché anco stava presone missore Bettrone de Narba, a chi fatta aveva tanta iniuria. Dubitava che non lo occidessi con soie mano. Conosceva e vedeva che responneva allo puopolo. Penzao partirse dalla sala de sopra e delongarese da missore Bettrone per cascione de più securitate. Allora abbe tovaglie de tavola e legaose in centa e fecese despozzare ioso nello scopierto denanti alla presone. Nella presone erano li presonieri; vedevano tutto. Tolle li chiavi e tenneli a sé. Delli presonieri dubitava.
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