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      Il 3 aprile 1802, recatomi a Fermo, mazzolai e squartai Domenico Zeri, il quale aveva ucciso il proprio padre, in seguito ad un litigio insorto per la divisione di un piccolo fondo venuto loro in retaggio per la morte di un lontano parente.
      Stavano entrambi cenando in cucina e accalorandosi ne’ discorsi avevano bevuto di molto vino cotto, che dà al capo ed abbrutisce bestialmente. Da una parola acerba ad un’altra il padre minacciò Domenico Zeri di privarlo anco di quel poco che gli avrebbe dovuto lasciare alla sua morte.
      - Voi non lo farete! - esclamò d’un tratto rizzandosi minaccioso, e cogli occhi iniettati di sangue Domenico Zeri.
      - E perché no? - gli chiese il padre alzandosi pure lui, quasi in atto di sfida.
      - Perché non ve ne lascerò il tempo - rispose allontanandosi qualche passo dalla tavola, accostandosi all’ampio camino, e stendendo la mano dietro di sé, per cercare qualche cosa.
      Il vecchio sempre più irritato afferrò il boccale di terraglia ormai vuoto, che si trovava sul desco e lo scagliò al figlio ferendolo alla fronte. Sentendosi il volto irrigato di sangue questi perdette il lume della ragione e afferrata la pala del fuoco ne assestò un terribile colpo sulla testa al padre, che cadde boccheggiante al suolo. A quel truce spettacolo, Domenico Zeri fuggì; errò parecchi giorni per le campagne e finì coll’essere arrestato dai birri a Recanati.
      Ricondotto a Fermo più morto che vivo per la paura e lo strazio del rimorso, confessò subito il suo misfatto e manco tentò difendersi.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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