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      I giorni trascorsi fra la condanna e l’esecuzione furono per lui una continua agonia, lenta e crudele. Delirava giorno e notte in preda a violentissima febbre, refrattaria ai più potenti antipiretici. Convenne affrettare l’esecuzione della sentenza, per tema che se ne andasse all’altro mondo defraudando l’umana giustizia. Agli ultimi momenti confortato dai cappuccini parve riaversi alquanto e s’avviò al patibolo recitando preghiere e raccomandazioni alla pietà dei fedeli. Ma era una vita, dirò così, fittizia la sua; quando gli bendai gli occhi era diaccio, e giurerei che non ha sentito il colpo della mazzola.
      Squartato, i suoi resti rimasero esposti sul palco per tutta la giornata, appesi ai ganci infissi nella travatura.
      Durante la notte furono distaccati ed ebbero sepoltura, per opera de’ cappuccini stessi, in un appezzato di terreno vicino al cimitero, non potendo essere in questo inumato.
      VIII.
      Due donne impiccate -
      Infanticidio e assassinio d’un marito.
      Confesso candidamente che di tutte le mie esecuzioni quelle che mi sono andate meno a versi sono le esecuzioni sopra le donne. E questo non per un manifesto spirito di pietà morbosa, o perché mi lasciassi in qualsiasi modo dominare dalle attrattive muliebri. Gli è che io ho sempre considerato la donna come un essere intellettualmente e fisicamente inferiore all’uomo e mi disgustava di dover esercitare la mia azione sopra tale inferiorità. Ma devo pur constatare che la donna, che è pure sì gentile e graziosa creatura, talvolta eccede in ferocia l’uomo stesso, segnatamente quando è invasa dalla passione.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421