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      Gli si mise attorno col pretesto di ricondurlo a miglior vita e di avviarlo sul sentiero della virtù. Nucci prendeva la cosa in ischerzo e fingeva di assecondare il frate, che finì col persuaderlo a recarsi da lui per confessare e fare ammenda de’ suoi peccati. Ma quando il giovane si fu accostato al tribunale di penitenza, il priore pare gli tenesse dei propositi osceni e gli desse convegno per la sera fuori della città, in una piccola osteria sulle rive del Trasimeno, ove solevano convenire di consueto i pescatori del lago.
      Non mancò il Nucci all’appuntamento: mangiarono allegramente, abbandonandosi a copiose libagioni, poiché l’osteria a quell’ora era deserta, non essendo ancora giunti i soliti frequentatori.
      Sull’imbrunire lasciarono l’osteria e per un sentiero traversale risalirono il colle.
      Così deposero concordemente in giudizio parecchi testi, che li avevano veduti insieme, l’oste per il primo. Ma da quel momento in poi non si può riposare che sulle asserzioni del Nucci, il quale aveva troppe buone ragioni per raccontar le cose a suo modo.
      Udiamolo:
      - Che cosa avete fatto, gli domandò il giudice, quando avete lasciato la strada maestra per prendere la stradicciuola montana?
      - Ci siamo inoltrati nella macchia; il priore era bevuto parecchio e tornava sulle proposte che mi aveva fatte al confessionale.
      - Avevate voi aderito a quelle proposte?
      - Sì, ma per celia. Volevo burlarmi del frate sozzone.
      - Come avete risposto in quel momento alle nuove insistenze del priore?
      - Risposi obbiettando che il luogo non era opportuno e che avremmo potuto esser sorpresi.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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