Due garzoni, tratti dal carcere per aiutarmi nella costruzione del palco, vennero a litigio dietro il medesimo e si azzuffarono. Dovettero essere separati dai birri.
Questo fatto ne ricorda uno congenere accaduto a Palermo più tardi, del quale corse la fama per tutto il mondo.
Mentre sul palco il giustiziere ghigliottinava un marito che aveva ucciso la moglie per motivo di gelosia, due rivali, amanti entrambi dell’assassinata, che erano riusciti, per diversa via, a penetrare sotto il palco medesimo, per meglio assistere all’esecuzione, accesi di subito furore, si avventarono uno sull’altro armati di coltello, impegnando un terribile duello, dal quale uno dei due uscì morto; l’altro, gravemente ferito, di poco gli sopravvisse.
X.
La storia di un Eremita.
Inaugurai il 7 luglio 1802 la seconda cinquantina del primo centenario, impiccando a Collevecchio Felice Rovina, condannato alla forca per avere strozzato un Eremita, chiamato fra Pasquale, benché non fosse punto frate e meno Pasquale. La sua storia merita d’essere qui narrata.
Fra Pasquale apparteneva alla piccola nobiltà di provincia; aveva ingegno fecondo e bel personale, appetiti smodati e un coraggio a tutta prova. Se la sua famiglia fosse stata più ricca e avesse potuto fornirgli denaro quanto esigevano le sue dissipazioni forse avrebbe avuto miglior ventura. Messo invece dalle sue passioni alle prese col bisogno, scartò dalla via retta e precipitò giù per la china del vizio, che mena al delitto. E se non lo avesse sorretto l’acutissimo ingegno e una furberia di primo ordine, sarebbe finito nelle mie mani, invece del suo assassino.
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