Fra Pasquale non se ne diede per inteso e continuò:
- Chi vi portasse la testa di Lucarini...
- Avrebbe la taglia promessa in tanti scudi di zecca, fiammanti uno sopra l’altro.
- E se avesse de’ conti da rendere alla giustizia, come monsignore diceva poc’anzi?
- Non gli verrebbero domandati in quel momento.
- E se volesse l’assicurazione dell’impunità?
- Bisognerebbe esaminare prima la cosa.
- Se si trattasse d’un traviato desideroso di ritornare sulla buona via e di emendare i suoi errori, rendendo dei servigi al governo?
- Potrebbe ottenerla per tacito consentimento.
- Vale a dire?
- Mutando nome e non offrendo colla sua condotta nuove cagioni di perturbazione, si ignorerebbe chi fosse realmente e si dimenticherebbero i suoi antecedenti. Suppongo però che non siate venuto da me per farmi subire un interrogatorio. Non ho l’abitudine di lasciarmi invertire le parti. Come vi chiamate?
- Francesco Perilli.
- Dei conti di Casana?
- Per l’appunto.
- Una testa val l’altra. Vi garantisco che la vostra rimarrà al suo posto, se mi portate quella del Lucarini... Fra quanto?
- Fra otto giorni.
- E sia. Ma badate: tentando d’ingannarmi voi non uscireste di qui che per andar alle carceri, e dalle carceri che per andare alla forca.
- Alla mannaia! Monsignore, alla mannaia.
- È vero; siete di stirpe nobile; me ne dimenticavo. Ma questa è una questione di forma, che non muta la sostanza. Liberamente siete venuto, e liberamente ve ne andate. Siate però certo che se non tornate, saprò cogliervi.
Perilli si inchinò ed uscì.
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Pasquale Lucarini Perilli Casana Lucarini
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