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      Vuoi o non vuoi esser certa che Felicino ti ama e che ti sposerà? Tira innanzi». E allora la fanciulla moveva parecchi passi affrettati giù per la china.
      Ma ad un certo punto parve che il suo buon angelo avesse ripreso il sopravvento. Era ormai giunta a tre quarti della discesa: vedeva distintamente l’interno della capanna e fra Pasquale, che fingendosi intento alle faccende del suo laboratorio, non tralasciava di sorvegliarla. D’un tratto si voltò e riprese a risalire per la stradicciuola con gran furia. Evidentemente non voleva lasciar tempo al suo cattivo consigliere di sospingerla alla meta peccaminosa.
      Disgraziatamente pose un piede in fallo, incespicò in un sasso sporgente ed acuminato che la ferì alla clavicola e cadde rotoloni per buon tratto di strada, finché le sue vesti impigliatesi ne’ pruni la sostennero.
      Fra Pasquale accorse tosto in suo aiuto.
      Quando le fu vicino s’accorse che era svenuta e si fermò ad ammirare le stupende forme, dalle carni rosee e vellutate, che rimanevano scoperte, essendosene il guarnellino rimboccato, per effetto delle spine che lo trattenevano.
      Invaso dal furore erotico, il lubrico eremita, stava per approfittare brutalmente di quella innocente creatura, nella stessa posizione in cui si trovava. Ma un barlume di ragione ne lo trattenne.
      Staccò pian piano le vesti della fanciulla dai pruni, quindi recatasela sulle braccia, la trasportò nella capanna, e la depose sullo splendido letto a baldacchino del compartimento segreto.
      La giovinetta era in preda ad un deliquio, cagionatole dallo spavento della caduta e dal dolore acuto prodottole dalla ferita, che aveva fatto sangue.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Felicino Pasquale Pasquale