Era irriconoscibile. Pareva disfatta. Una rosa divelta dallo stelo dall’imperversare della bufera, e calpestata, avrebbe solo potuto dar un’idea di lei.
Era trascorso un mese circa dal misfatto compiuto da Fra Pasquale, quando una mattina capitò alla capanna un giovanotto sui venticinque, vestito alla campagnuola e mostrando uno scudo, chiese all’eremita una medicina per guarire sua madre, da una forte colica che l’aveva presa.
Fra Pasquale pose a bollire alcune fronde secche, tolte dall’erborario, in una ampolla di vetro. Ma, mentre soffiava sulle braci per ravvivare il fuoco, si sentì afferrato per il collo e rovesciato al suolo.
Non ebbe campo di porsi sulle difese, perché sempre serrandolo con una mano alla gola, il giovanotto, gli saltò sul petto con un balzo da gatto selvatico, e premendoglielo colle ginocchia, per tenerlo fermo, lo strozzò.
Compiuto l’assassinio, il giovanotto andò a consegnarsi al bargello di Collevecchio. Confessò il suo delitto. Eretto il processo fu condannato e, come dissi, il 7 luglio io l’impiccai.
Era Felice Rovina, l’amante della fanciulla stuprata, la quale al suo ritorno l’aveva reso edotto dell’onta subita.
Informato della cosa, poco dopo l’arresto del Rovina, Monsignor Fiscale, mandò da Roma a perquisire la capanna di fra Pasquale e per tal modo giunse a cognizione di tutto, e colle dovizie trovatesi si pagò ad usura e della taglia pagata pel Perilli e delle susseguenti elargizioni.
XIII.
Amori clandestini.
Continuo il corso cronologico delle mie «operazioni» colla 56ma, che eseguii in Viterbo il 18 dicembre 1802, mediante la forca, in persona di Domenico Guidi, al quale fu intimata la sentenza di morte alle 22 per le 23, rarissimo esempio nella storia della giustizia papale, che soleva lasciar sempre al reo il tempo per pentirsi e provvedere alla salvezza dell’anima sua.
| |
Fra Pasquale Pasquale Collevecchio Felice Rovina Rovina Monsignor Fiscale Roma Pasquale Perilli Viterbo Domenico Guidi
|