Molti minenti e molti paini le avevano fatto una corte assidua esaltando il suo spirito, già per natura mobile e fantasioso.
XIX.
La colpa e il castigo.
Anche nella bottega del marito non le mancavano gli adoratori. Ma forse non sarebbe venuta meno ai suoi doveri di moglie se il Rinaldi non avesse commesso l’errore di metterle accanto per garzone un giovinetto biondo, roseo, dagli occhi cerulei; una specie di cherubino in grembiale bianco, spesso chiazzato di sangue e sparso di penne di polli e di gallinacci. Questi incominciò a farle lo spasimante. Giacinta ne rise sulle prime. Ma poi, nelle lunghe ore in cui restava sola con lui, mentre il marito andava fuori per le compere, incominciò ad ascoltarlo per rompere la noia, e, travolta dalla passione, finì per darglisi, là nel negozio stesso, colle imposte socchiuse, nelle ore calde del giorno, e alla sera, mentre attendeva il ritorno di Gioacchino. Amore è imprudente di sua natura e in breve la tresca della bella abbacchiara col garzone, fu nota non solo ai bottegai, ma ben anco a tutte le serve, che frequentavano Campo de’ Fiori. Solo ad ignorarla era il marito.
Ma ci fu chi si prese il triste incarico di avvertirlo, con una lettera anonima, nella quale gli si fornivano tutte le indicazioni particolari per sorprenderla.
L’abbacchiaro che non aveva mai avuto neppure il più piccolo sintomo di gelosia e che attendeva con ansia il giorno in cui la Giacinta gli avrebbe dato un figlio, fu terribilmente colpito dall’annunzio fatale. Tutta la sua felicità era distrutta: l’avvenire non esisteva più per lui.
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