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      - Poi, continuò Marianna, le darò un pollo alla cacciatora.
      - Morto da quanti mesi?
      - Mi meraviglio. Lo prenderò dalla stia e se vostra Eccellenza vuol ammazzarlo con una fucilata, lo troverà più frollo e saporito.
      - Accettato. Intanto?
      - Intanto le affetterò un salame di Fabriano che fa la goccia. Me lo manda mio fratello, che provvede per la cucina di Sua Santità e di parecchi Cardinali.
      - Ottimamente! esclamò il cacciatore, facendo scoppiettar la lingua in bocca, quasi ne pregustasse il sapore.
      In un batter d’occhio la rotonda ostessa apparecchiò, stendendo una candida tovaglia sul rozzo desco e sovrapponendovi delle stoviglie grossolane, ma pulite e quasi luccicanti.
      Quindi recò del pane tolto di fresco dal forno e ancora caldo, un boccale di vino e un piatto di salame.
      - È cotto questo vino? domandò l’incognito versandone nel bicchiere.
      - Mi meraviglio. È Sangiovese di Romagna e del migliore.
      Il forestiero tracannò il bicchiere e facendo scoppiettar la lingua, disse:
      - Eccellente! Farete bene a preparar per due, perché aspetto un amico, il quale mi ha dato convegno qui.
      - Segno che ci conosce. Non faccio per dire, ma come al Caval Marino non si mangia, non si beve e non si alloggia in tutte le Marche.
      - Avete camere d’alloggio?
      - Con dei letti, nei quali potrebbero dormirvi degli sposi. Se vuol vedere...
      - Dopo, dopo.
      - Dunque, tiro il collo al pollo, o vuol ammazzarlo col fucile?
      - Il rumore del colpo chiamerà gente.
      - Manco per sogno: qui non c’è nessuno.
      - Allora vediamo.
      - Stia pronto che glielo mando.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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